giovedì 29 marzo 2007

Lingua Veneta: l’assemblea di palazzo Ferro Fini approva a larga maggioranza la legge che tutela e valorizza la parlata della regione

Veneto, sulla Festa c'è l'accordo
Il 25 marzo scelto come data per celebrare il popolo veneto. Astenuti solo Prc e comunisti italiani

Lingua composta da tante inflessioni e idiomi diversi
"Il veneto è storicamente la lingua del popolo veneto". Questa la definizione che la legge approvata ieri dal consiglio regionale dà della lingua veneta che intende tutelare, valorizzare e promuovere. Una lingua fatta di tante parlate e di tanti dialetti che hanno in comune la stessa radice linguistica tanto che un padovano e un veneziano, un bellunese e un rodigino, pur parlando con diverse inflessioni e termini, tutto sommato non hanno difficoltà a capirsi. Un patrimonio culturale tutelato dalla stessa Europa e di cui la Regione si impegna a favorirne la conoscenza e la diffusione con tutta una serie di attività dirette. Si potrà studiare facoltativamente a scuola e per gli insegnanti saranno apprestati corsi di formazione, ne sarà codificata la grafia ufficiale e il suo uso nella toponomastica.
di Giuseppe Tedesco

Il Gazzettino, 29 marzo 2007 - Venezia
Il popolo veneto ha da ieri la propria festa, che ricorre il 25 marzo, e una legge che tutela, valorizza e promuove la lingua veneta. È quanto prevede la legge regionale approvata a grande maggioranza dal consiglio regionale (astenuti solo Rifondazione comunista e Comunisti italiani) dopo un serrato confronto che può essere di buon auspicio per il futuro percorso del nuovo Statuto. Stabilito che la lingua veneta altro non è che l'insieme delle parlate e dei dialetti diffusi sul territorio, la Regione si impegna a favorirne e promuoverne l'insegnamento e l'apprendimento, l'informazione giornalistica e radiotelevisiva, la creazione artistica, l'edizione e la diffusione di libri e pubblicazioni, l'organizzazione di specifiche sezioni nelle biblioteche pubbliche, la ricerca, lo svolgimento di attività e incontri per il suo uso e conoscenza.

Un patrimonio, dunque, da tutelare e valorizzare in adesione e nel rispetto del dettato della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. La Regione promuoverà e finanzierà, in collaborazione con gli atenei veneti e qualificati istituti culturali, la ricerca scientifica su questo originale patrimonio e nell'ambito dell'istruzione scolastica promuoverà e finanzierà corsi di formazione e aggiornamento per gli insegnanti, corsi facoltativi di storia, cultura e lingua veneta . La legge detta poi norme in materia di grafia ufficiale della lingua veneta e del suo uso nella toponomastica, affidando a una speciale commissione scientifica il compito di determinarne i canoni.

La legge approvata è frutto di due progetti identici pervenuti al consiglio regionale dai consigli provinciali di Vicenza e di Treviso e ai quali, a norma di regolamento, la commissione cultura non ha potuto apportare alcun emendamento. La commissione (che alla fine ha approvato le proposte con i soli voti della maggioranza, tranne l'astensione di Nereo Laroni del Nuovo Psi, e i voti contrari di Margherita e Ds) si è limitata quindi a raccomandare all'aula una serie di emendamenti tecnici per migliorarne complessivamente l'articolato. Per esempio, mancava la norma finanziaria quantificata in 250mila euro l'anno per il prossimo triennio. Ben più corposi e consistenti, invece, la cinquantina di emendamenti presentati dalle opposizioni (35 del solo Pietrangelo Pettenò di Rifondazione comunista) per alleggerire la patina leghista che trasudava il testo originale. Nessuna preclusione pregiudiziale ma la ferma volontà di migliorare complessivamente il testo.

Insomma, un accavallarsi di precisazioni e distinguo (il popolo veneto o del Veneto?, tanto per fare un esempio) che rischiava di mandare all'aria l'impianto stesso della legge. E in apertura di seduta sono venuti gli ammonimenti di Pettenò per «arrivare a delle modifiche ragionevoli e condivise» e la richiesta di Gustavo Franchetto (L'Ulivo - Partito democratico veneto) per un ritorno in commissione che servisse a fare chiarezza con maggiore tranquillità. Si opponeva però il capogruppo della Lega, Franco Manzato, il quale riteneva che il confronto dovesse avvenire in aula e la richiesta è stata respinta. È toccato allora ad Achille Variati, capogruppo de L'Ulivo-Pdv, avvertire che il centrosinistra era disposto a lavorare «con molta serietà e non a liquidare la legge come folcloristica o demagogica».

L'esame dell'articolato e dei relativi emendamenti metteva poi a nudo l'impossibilità di procedere utilmente ed era allora lo stesso Manzato che chiedeva la sospensione dei lavori per un paio di ore per consentire un confronto più diretto e proficuo sui punti più controversi. E così è avvenuto, con reciproca soddisfazione e ne è uscito un testo più snello e agile e anche qualche sorpresa. Prendiamo, per esempio, la data della ricorrenza della Festa del popolo veneto: la proposta originaria la fissava al 25 aprile, giorno di San Marco; un emendamento di Roberto Ciambetti (Lega) la voleva il 1. marzo, giorno del capodanno veneto; un altro emendamento di Pettenò la collocava al 12 maggio, giorno della caduta della Serenissima; e alla fine è uscito il 25 marzo, data della fondazione di Venezia. E il titolo dell'articolo 2 doveva parlare di tutela o di riconoscimento della lingua veneta o di entrambi? La salomonica proposta di Variati di un secco "lingua veneta " ha messi tutti d'accordo.

Una volta tornati in aula, la maggior parte degli emendamenti preesistenti è stata ritirata e sostituita con emendamenti condivisi e l'approvazione è filata via liscia. Il voto finale è stato salutato da un applauso che la dice lunga sul clima positivo che una volta tanto ha aleggiato a palazzo Ferro Fini.

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