sabato 21 giugno 2008

Istituti di Cultura

Corriere della Sera, Italians, 21 giugno 2008

Mail a Beppe Severgnini
Caro Beppe Severgnini, sono rimasto esterrefatto nel leggere l'articolo di Riccardo Chiaberge 'Fannulloni italiani all'estero' (Il sole 24 ore, 15 giugno 2008), pieno di scempiaggini sugli Istituti Italiani di Cultura (IIC) all'estero. Non è vero che, in ogni IIC, ci siano dai 2 ai 4 addetti culturali. La maggior parte degli IIC è sotto organico. Né è vero che i funzionari della promozione culturale "lavorano poco" (= le canoniche 36 ore contrattuali), accumulando, sotto forma di straordinari, ogni "minuto di lavoro svolto in più". È altrettanto falso dire che i funzionari "colti e volenterosi", quelli che conoscono la cultura italiana e le lingue straniere, sono un'esigua minoranza. Tantissimi miei colleghi sono professionisti con un curriculum di tutto rispetto (specializzazioni post lauream, dottorati di ricerca, pubblicazioni scientifiche, conoscenza certificata di 2-3 lingue straniere). I direttori di ruolo a volte hanno più titoli dei direttori di nomina politica. Io, al pari di tanti altri, sono entrato nei ruoli del Ministero degli Esteri con un concorso riservato ai lettori di lingua e cultura italiana (docenti di ruolo, i quali, dopo aver superato un concorso selettivo, prestano servizio nelle università straniere, pur rimanendo alle dipendenze della Farnesina). Gran parte degli IIC si regge sull'autofinanziamento e sulle sponsorizzazioni, impossibili da reperire senza un personale qualificato e pieno di entusiasmo. Un accenno all'IIC di Haifa, in Israele, che dirigo da 5 anni. Tralascio i circa 35 eventi culturali organizzati ogni anno in 'economia', e la ricaduta che essi hanno sul pubblico israeliano in termini politici. Mi limito a una valutazione meramente aziendale: nel 2008 abbiamo incassato 240.000 euro lordi con i corsi di lingua italiani. I nostri circa 700 studenti di italiano diventano clienti del 'made in Italy' e, poiché sono incoraggiati a visitare l'Italia, incrementano il nostro 'turismo culturale'. Quest'anno, inoltre, abbiamo iscritto ben 250 studenti nelle facoltà universitarie italiane: a prescindere dai vantaggi politici (quegli studenti, una volta laureati e tornati in patria, faranno parte della classe media israeliana e manterranno un rapporto privilegiato con l'Italia), la nostra economia ne ricava un guadagno immediato. Ipotizzando che siano necessari 500 euro al mese a testa per vivere in Italia, quei 250 studenti spenderanno nel nostro Paese una media di 125.000 euro al mese, ovvero 1.500.000 euro all'anno. E l'IIC di Haifa (che ha in organico solo un addetto culturale & un contrattista esecutivo) costa all'erario circa 250.000 euro all'anno. Fate un po' i calcoli se lo Stato italiano ci guadagna o ci rimette. L'articolo di Chiaberge parla di fantomatiche 'eccezioni', ma è proprio questo l'errore: la maggior parte degli IIC lavora a pieno ritmo e funziona in maniera egregia.
Direttore Istituto Italiano di Cultura di Haifa, Ph.D. (University College Dublin)
Edoardo Crisafulli

Nessun commento: