giovedì 26 giugno 2008

Un brand da difendere. La funzione degli Istituti italiani all’estero

di Franco Narducci*

Il Sole 24 Ore, 26 luglio 2008
L’immagine dell'Italia è stata messa a dura prova nelle ultime settimane: basti pensare ai riflessi dell'emergenza rifiuti in Campania. È allora necessario risollevare questa "immagine" del brand Italia mettendo in campo strategie complesse, sicuramente non unidirezionali, giacché nell'epoca della globalizzazione abbiamo sperimentato (spesso preceduti da altri Paesi) che il nostro patrimonio culturale e artistico si coniuga egregiamente con la promozione del nostro sistema economico e produttivo. Ma chi ha il compito di progettare e attivare le strategie giuste in un siffatto scenario? AI riguardo Riccardo Viale (Il Sole 24 Ore del 12 giugno) chiama in causa gli Istituti italiani di cultura (Iic), esprimendo una critica minuziosa, dalla quale dissento ritenendola ingiusta e soprattutto non corrispondente alla realtà dei fatti.
La promozione dell'immagine dei prodotti italiani all'estero, così come l'organizzazione delle iniziative di promozione commerciale, è missione propria degli Istituti di commercio estero e delle Camere di commercio italiane all'estero. Se questi hanno bisogno di essere "riorientati" per ottenere migliori performance è su di essi che bisogna intervenire, evitando le analisi sommarie.
Il ruolo del nostro patrimonio culturale per la promozione dell'immagine dell'Italia nel mondo è importantissimo, come ha ben evidenziato il ministro Frattini sul Sole 24 Ore del 22 maggio. Alle parole del ministro Frattini vorrei aggiungere che oltre al made in Italy "light", cioè la moda, il design, i film, che sono certamente prodotti di esportazione, ma che vengono sempre più fabbricati lontano dall'Italia, e la cui competitività nel medio periodo non è sostenibile, bisognerebbe tornare a valorizzare anche il made in Italy "heavy", basato sulla conoscenza, sulla cultura scientifica, sulla tecnologia. Non dimentichiamo che il "marchio" Italia comprende anche Natta e i polimeri, Marconi e la radio, la Rai e i suoi programmi di anni fa, e così via.
Agli Iic spetta il compito di diffondere la conoscenza della lingua e della cultura italiana, anche in contatto con le imprese che vendono prodotti culturali; ma il mondo è cambiato, chiunque può andare su internet e documentarsi, occorre concentrarsi su percorsi e strategie diverse. Gli Iic oltre ad essere "diffusori" di cultura devono essere anche "broadcaster" di cultura, sfruttando i mezzi tecnologici di oggi, e "concentratoRi" di cultura, organizzando anche contatti tra i nostri scienziati e il Paese ospitante, in modo da poter "drenare" cultura scientifica e tecnologica dall'estero verso l'Italia. Su questo versante occorre sottolineare che molto è stato fatto, e Viale non può ignorarlo: abbiamo una rete primaria di 90 Iic op erante in 6o Paesi, ma abbiamo anche una rete secondaria di attività svolte da Ambasciate e Consolati che con pochi mezzi copre vaste aree geografiche come l'Asia e la zona del Golfo Persico, con il ricorso ai moderni mezzi di diffusione.
Dobbiamo tuttavia sgombrare il campo da due belle illusioni: che si possano ridurre i costi, e che sia possibile migliorare il "brand" Italia, senza migliorare il "prodotto". L'Istituto Cervantes spagnolo, portato ad esempio da Viale, ha un finanziamento di 70 milioni annui contro i 21 dei nostri Istituti. Pur tra indubbie difficoltà, gli Iic costituiscono un punto di riferimento reale e concreto per la diffu-sione della nostra cultura umanistica e scientifica, come ben sa chi vive all'estero, e ad essi molto deve la promozione dell'Italia nel mondo. Sono tanti i direttori di Istituto che a risorse limitate fanno corrispondere risultati eccellenti. Si abbia allora il coraggio di ammettere che il peggioramento del brand corrisponde a un peggioramento del Paese reale, e si riparta da lì, ben consci che una riforma è buona se riesce a interpretare le esigenze reali che il sistema richiede in un quadro definito di politica estera del nostro Paese. La diplomazia culturale deve allora riacquistare il ruolo primario che le spetta e deve riuscire a veicolare quei messaggi e quei valori propri della tradizione culturale italiana.

* Vicepresidente della III commissione Affari esteri della Camera

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