lunedì 7 luglio 2008

«Più istituti di cultura in Cina e India»

Intervista. Il ministro degli Esteri replica al direttore di New York e rilancia: salvo Bruxelles bocciata da D’Alema
Frattini: una sede a Bagdad, tecnici in Iran per la tomba di Ciro il Grande
di Dino Messina

Il Corriere della Sera, 7 luglio 2008
Meno sedi e maggiore efficienza? «In periodi di riduzione della spesa pubblica - ci dice il ministro degli Esteri Franco Frattini, in partenza per Tel Aviv dove rinnova l'accordo culturale italo-israeliano - un simile slogan può mettere d'accordo tutti. E anch'io non sono contrario all'idea di ridurre le risorse in alcune aree per migliorare la presenza dei nostri istituti di cultura nel Paesi che si stanno rivelando strategicamente più interessanti. Sono sicuro tuttavia che se attuerò una politica ispirata a questa linea
troverò una forte opposizione.
Non mi riferisco soltanto ai sindacati ma anche a quella sorta di campanilismo delle varie comunità che dicono di non poter fare a meno della nostra sede».
Tornato dopo quattro anni alla Famesina, il ministro Frattini si trova a fronteggiare problemi antichi: manca ancora una legge quadro che egli stesso cercò di varare; i novanta istituti, tra cui dieci di eccellenza, devono dividere assieme alle 63 rappresentanze diplomaflco-cònsolari, alle 111 scuole italiane all'estero, ai 300 comitati della Dante Alighieri, 21,4 milioni di euro di finanziamenti pubblici e 23,6 milioni di sponsorizzazioni. Sembrano tanti soldi, in realtà i fondi statali sono diminuiti nell'ultimo biennio e comunque non bastano per le mille iniziative della «superpotenza Italia» nel campo della cultura.
«Sono sbagliate tuttavia-osserva Frattini-certe battute come quelle del professor Renato Miracco, che peccano di una scarsa conoscenza dei dati di fatto». Il ministro degli Esteri si riferisce all'intervista che il direttore dell'istituto di cultura a New York ha dato venerdì 27 giugno al «Corriere», in cui tra l'altro affermava: «Che senso ha un istituto di cultura a Marsiglia o a Li11e? Degli attuali 90 istituti ne salverei una quarantina». D'accordo con il principio di efficienza e con l'idea di ampliare la presenza nelle aree più dinamiche del mondo, Frattini cerca di ricucire un discorso interrotto quattro anni fa e ci spiega le sue linee di intervento: «L'azione del ministero si svolgerà su due piani, da un lato il rilancio di una legge organica che ottimisticamente penso che sarà approvata anche con il contributo dell'opposizione, dall'altro una serie di iniziative che si possono fare nell'attesa della riforma. La prima di que-ste iniziative è l'intesa di cooperazione raggiunta con il ministero per i Beni culturali. Il messaggio che con il ministro Sandro Bondi intendiamo mandare ai direttori e agli operatori è che non vogliamo smantellare i nostri istituti di cultura nel mondo, ma contribuire ad arricchirne il contenuto. Principalmente è questo il senso del tavolo interministeriale».
E’ evidente che a breve il panorama dei nostri istituti subirà un notevole cambiamento. Se non è possbile delinearlo al negativo, parlare cioè dei tagli, vediamo con il ministro degli Esteri quali saranno le nuove sedi. «Intanto - risponde Frattini - credo che ridarò a Bruxelles lo status di istituto di chiara fama, che il mio predecessore aveva deciso di degradare. Avremo poi grande attenzione per la Cina e l’India, nelle cui capitali c'è sì un istituto italiano, ma meritano una nostra presenza più ampia. Vorrei poi aggiungere un Paese come l'Iraq: il museo archeologico di Bagdad è stato salvato grazie al lavoro degli specialisti italiani, credo che un grande istituto sia la naturale eredità di questo impegno».
Restando nell'ambito mediorientale, Frattini ricorda la collaborazione culturale con l'Iran: il restauro compiuto dai nostri tecnici della cittadella di terracotta di Bam è un impegno da affrontare: «Ci hanno chiesto di restaurare la tomba di Ciro il Grande. Un monumento che per l’Iran è importante come per noi 1 Colosseo. Noi abbiamo un problema di negoziato per l'arma nucleare, eppure con le parole della cultura e l'arte del restauro veniamo accolti da Paese amico».
Frattini guarda con attenzione anche all'apertura in Europa del semestre francese che il 14 luglio lan-cerà l'Unione mediterranea: «Noi possiamo offrire un importante contributo di carattere culturale e di dialogo con il mondo arabo. Con il ministro Bondi stiamo studiando un evento per coinvolgere i Paesi delle due sponde del Mediterraneo, con la Sicilia come terra simbolo della convivenza tra le tre grandi religioni monoteiste, l'ebraica, la cristiana e la musulmana».
Quattro anni dopo la prima esperienza alla Farnesina, nuove esigenze si sono poste in primo piano ma ìl ministro non ha rinnegato l'obiettivo che tanto scandalo fece tra i diplomatici della promozione del made in Italy. «Ho trovato una mentalità rinnovata, oggi non fa più scalpore dire che la rete delle ambasciate e degli istituti di cultura deve essere al servizio del sistema Italia, si tratti di promuovere un'opera d'arte o un prodotto della nostra industria».
Tra le prossime iniziative all'estero, una serie di concerti del grande violinista Uto Ughi, le mostre di Sebastiano del Piombo a Berlino, di Morandi a New York, í Macchiaíoli in Giappone, e una grande esposizione itinerante sui Santi Patroni. Dove si troveranno le risorse per queste e per le altre mille iniziative? Frattini confida nella collaborazione del capitale privato. Il rilancio della nostra cultura all'estero dipende anche dal coordinamento degli interventi; in altre parole le Regioni e gli enti locali devono smetterla di far concorrenza allo Stato e «approfittare della grande rete di ambasciate e consolati al servizio del sistema Paese».
E il grido di dolore di Miracco, che ha lamentato per la sede di New York un contributo di soli 500mila curo, pari a quello della Romania? «Sarei scorretto - conclude Frattini - se dicessi, per esempio: diamo altri due milioni di euro. Valuteremo dove risparmiare e dove distribuire le risorse. Certo, alle attività dei grandi istituti molto può contribuire la capacità di attrarre capitali privati».

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